Sobrie riflessioni

Ieri osservavo una cara coppia di amici che camminavano davanti a me, lui cingeva la spalla di lei, circondava con il braccio le ossute e a mio avviso super sexy spalle di lei, come fa di solito un uomo quando cammina accanto alla donna con cui condivide la vita, o almeno il divano di casa. Il braccio di lei però non ricambiava la stretta circondandogli la vita, come di solito fa il braccio di una donna sollecitato della vicinanza dell'uomo che ama. 

Poteva essere un momento di distrazione ho pensato. Come quando a tavola dimentichiamo di versare l'acqua a chi, oltre a noi, ha il bicchiere vuoto o come in tram non pensiamo subito di cedere il posto a chi più di noi ha bisogno di sedersi. Ho pensato fosse solo un momento di distrazione. E quindi ho aspettato, impaziente e decisa a godere il momento in cui il sottile braccio di lei avrebbe fatto la sua entrata nell'arena dell'amore, esprimendo il proprio desiderio. Così ho continuato a camminare accanto al mio interlocutore del momento, accertandomi che mantenesse un'andatura che ci avrebbe consentito di rimanere dietro la nostra coppia di amici. 

Abbiamo camminato un bel po', ma quel momento tardava ad arrivare, e alla fine mi spiace dire che non è mai arrivato. Siamo giunti alle rispettive auto e fino alla fine ho aspettato quell'abbraccio, quell'unione naturale e semplice di due corpi che si conoscono. 

Qualche ora prima a cena avevo notato un comportamento simile in un'altra coppia di amici. La mano di lui accarezzava la schiena scoperta di lei seduta a pochi centimetri di distanza, e anche in questo caso, un po' forse ingenuamente, mi aspettavo un'entrata del corpo di lei nel parterre delle azioni amorose. Per esempio una mano che smettesse di tamburellare solitaria sul tavolo per accarezzare e incrociare le dita di lui, così come fa di solito una donna quando è sollecitata dalle carezze dell'uomo che stima e desidera. Anche qui ero decisa ad aspettare non facendo notare il mio sguardo carico di dolci aspettative, ma anche qui mi attendeva una delusione rincarata in più dal truce sguardo della mia amica quando incrociava gli occhi di lui, quello sguardo annegava in una rassegnazione senza fine, pari per tristezza solo alla desolazione dello sguardo di lui.

Ecco allora che giunti al termine della serata, quando mi sono ritrovata in macchina da sola per rientrare a casa ho cominciato a pensare a lui e all’allegro turbinio che provoca in me la sua risata, al brivido che mi percorre il corpo quando le sue dita mi accarezzano piano la pelle, alla calma e tranquillità che mi pervade quando gli accarezzo piano i capelli - lui dice che gli piace tanto e non sa quanto io adori farlo - alla sensazione di essere tornata a casa dopo tanto tempo e tanto vagare quando mi sono ritrovata tra le sue braccia la prima volta. Ho cominciato a rivivere la sensazione della sera in cui l’ho conosciuto, quando i nostri nasi si sono prima sfiorati e poi accarezzati, per far strada ad un bacio tanto inaspettato quanto desiderato, e mai preteso.  Ho iniziato a pensare a lui e a me, due individui che hanno appena incrociato le loro strade. Due, come numero perfetto ed equilibrato perché composto da singolarità uniche.   E poi ho pensato a loro, la coppia o le coppie, i miei amici che formano la coppia, separati esseri che si uniscono in un’entità unica. Questo pensiero mi ha rattristato, ho iniziato a pensare a me e a lui come l’inizio tipico di ogni relazione e loro come la fine di essa. Ho iniziato a pensare che tutte le storie finiscono nell'abitudine, nella noia, e nell'insofferenza. Ma poi, non volevo lasciare che la tristezza si diffondesse in me e ho fatto quello che faccio sempre da brava giocatrice di scacchi...razionalizzare, dividere le idee in caselle percorribili, in possibilità variabili. Ho immaginato che nel mezzo, tra un’inizio magico e una fine lenta, c’è una strada da percorrere insieme, in evoluzione, in crescita, una strada che si può decidere. 
E solo questo pensiero insieme alla curiosità di vedere come andrà a finire mi spronano e mi convincono a desistere dalla fuga solitaria.
Rimangono però in me quelle amare domande. Perché si arriva alla fine? Perché si smette di collaborare? Di guardarsi negli occhi e provare a vedersi ancora una vota? Perché dopo tanto amore e desiderio ci si ferma per strada in momenti e luoghi diversi?